Nel 2026, il cloud entrerà in una nuova fase di maturità, guidata dall’intelligenza artificiale, dalla crescente attenzione ai costi e da un rinnovato focus su affidabilità e fiducia. È quanto emerge dalle previsioni di John Bradshaw, Field CTO Cloud, EMEA (Director Cloud Computing Technology and Strategy) di Akamai che delineano uno scenario in cui l’innovazione tecnologica procede in modo sempre più disciplinato, efficiente e orientato al valore.
L’AI e l’imperativo del ROI
L’era dell’intelligenza artificiale ha introdotto nuove sfide economiche nei consigli di amministrazione. L’aumento esponenziale della domanda di capacità di calcolo e storage sta mettendo sotto pressione i budget IT tradizionali, spingendo le aziende a rivendere il delicato equilibrio tra costi, performance e innovazione. Con trilioni di dollari che attraversano l’economia dell’AI, cresce la necessità di dimostrare ritorni concreti sugli investimenti. I progetti privi di un ROI chiaro vengono messi in pausa o ripensati, portando alla luce inefficienze e flussi di lavoro basati su GPU sovradimensionati. Questa fase di maggiore attenzione non frena il processo, ma inaugura un’adozione dell’AI più consapevole ed efficace, in cui il costo del cloud diventa una leva strategica per un’innovazione sostenibile, supportata da architetture scalabili e native per l’edge.
Verso flussi di lavoro affidabili e agenti AI di uso quotidiano
Entro la fine del 2026, la fiducia negli agenti AI diventerà una consuetudine. Le persone affideranno quotidianamente a un assistente digitale personalizzato attività come la prenotazione di visite mediche, la gestione delle bollette o fare la spesa, con un controllo minimo. Non per necessità, ma perché questi agenti saranno in grado di adattarsi rapidamente allo stile di vita individuale e riconoscere schemi comportamentali. Le prestazioni sempre più affidabili di chatbot e AI Agent alimenteranno questa fiducia, al punto che l’espressione “chiedo all’AI” sostituirà il tradizionale “lo cerco su Google”. Un fattore chiave di questo miglioramento è la crescente adozione dell’Edge AI: avvicinando i servizi cloud agli utenti, la latenza scende sotto i 50 millisecondi e i tassi di errore si riducono drasticamente, rendendo i flussi di lavoro più sicuri ed efficienti.
Smart home: tra reazioni negative e nuove architetture ibride
Le interruzioni di servizio e le violazioni di sicurezza del 2025 hanno evidenziato la fragilità degli ecosistemi iperconnessi, spingendo consumatori e produttori a interrogarsi su quanta “intelligenza” debba risiedere nel cloud. I dispositivi troppo dipendenti dalla connettività online rischiano di compromettere la fiducia degli utenti quando i servizi non funzionano. Per i provider cloud, si apre un momento decisivo: non si tratta di spostare più carichi di lavoro nel cloud, ma di distribuire in modo più intelligente le funzioni tra cloud ed edge. Le architetture ibride, in cui le funzioni critiche operano localmente e si sincronizzano quando possibile, definiranno il futuro della fiducia e dell’affidabilità nel mondo connesso.
Streaming: un ecosistema più intelligente, sostenibile e personalizzato
Dopo un decennio di crescita accelerata, il mercato dello streaming entra in una fase di consolidamento. Nel 2026 emergeranno le piattaforme capaci di offrire esperienze utente fluide e altamente personalizzate, affrontando al contempo le sfide legate a scoperta dei contenuti, costi e fidelizzazione. L’intelligenza artificiale giocherà un ruolo centrale nella gestione delle library e nei sistemi di raccomandazione, migliorando l’efficienza dello storage e della distribuzione dei contenuti. In parallelo, infrastrutture flessibili e scalabili diventeranno essenziali per gestire una domanda sempre più variabile, anche in risposta a modelli di abbonamento stagionali. L’evoluzione dello streaming non indica un declino, ma l’avvio di un ecosistema più maturo, sostenibile e orientato al valore per utenti e operatori.


