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    Cloud-Native: tempi troppo lunghi per i rebuild manuali

    By Redazione LineaEDP14/10/20255 Mins Read
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    Mauro Palmigiani di Commvault analizza l’impatto economico delle rebuild manuali nel cloud-native e gli aspetti positivi del rebuild automatico

    cloud-native

    In questo articolo, Mauro Palmigiani, Corporate Vice President Europe South di Commvault analizza i dati dello studio condotto con Enterprise Strategy Group (ESG), dal titolo “Il costo nascosto della complessità del cloud: come le rebuild automatiche consentono di risparmiare tempo, denaro e salute mentale”.
    L’esperto spiega che oggi, per far fronti ai costi vertiginosi legati alle rebuild delle applicazioni cloud-native, è essenziale fare affidamento all’automazione. Le rebuild automatiche assicurano: velocità che fa risparmiare denaro, coerenza su larga scala e liberazione delle risorse.

    Buona lettura!

    La complessità del cloud porta con sé costi nascosti

    La promessa su cui le applicazioni cloud-native hanno prosperato e si sono diffuse è quella che avrebbero dovuto semplificare la vita. Invece, molte aziende stanno scoprendo una dolorosa realtà: quando queste moderne app smettono di operare, il costo per ripristinarne il funzionamento è molto più elevato di quanto chiunque potesse immaginare.

    La nostra ricerca, condotta in collaborazione con Enterprise Strategy Group (ESG), “Il costo nascosto della complessità del cloud: come le rebuild automatiche consentono di risparmiare tempo, denaro e salute mentale”, rivela dati sorprendenti su ciò che accade realmente quando le applicazioni cloud vanno in crash – e perché l’approccio tradizionale al ripristino stia fallendo nell’era cloud-native.

    Una realtà sconcertante: 40,6 giorni-persona per ogni rebuild

    Ecco il numero che non dovrebbe far dormire ogni CTO la notte: 40,6 giorni-persona. Questo è il tempo medio impiegato da un’azienda per ripristinare le principali funzionalità durante una rebuild completa di un’applicazione cloud.

    Ma c’è di peggio. La ricerca ESG ha rilevato che il 42% delle interruzioni delle moderne applicazioni cloud non può essere risolto con un semplice ripristino da backup – ma richiede invece una ricostruzione completa da zero. Se consideriamo che le organizzazioni devono affrontare circa nove rebuild complete all’anno, è chiaro che stiamo parlando di una grave interruzione operativa.

    Analizziamo con la giusta prospettiva:

    • Il 66% delle aziende necessita di almeno una settimana per ripristinare le funzionalità principali.
    • Il 78% richiede più di un mese per il ripristino completo dell’ambiente.
    • Con un costo medio giornaliero di $577 per specialista, queste rebuild costano circa $210.836 all’anno solo in termini di manodopera.

    Si tratta di oltre $200.000 all’anno solo in costi di staff per il ripristino – importo che potrebbe essere investito nell’innovazione invece che nella gestione delle emergenze.

    L’imposta sulle iniziative strategiche: quando il recovery azzera l’innovazione

    Non si tratta solo di denaro, non dimentichiamo la “tassa sull’innovazione” – ogni ora spesa a ricostruire applicazioni è un’ora non investita in trasformazione digitale, nuove funzionalità o vantaggi competitivi. Il 41% delle organizzazioni afferma che gli incidenti di rebuild interrompono lo sviluppo di iniziative strategiche.

    La ricerca rivela ulteriori impatti di business che si estendono ben oltre l’IT:

    • Il 49% segnala un aumento dello stress del personale durante i periodi di rebuild.
    • Il 36% subisce una perdita diretta di entrate.
    • Il 35% affronta l’abbandono da parte dei clienti.
    • Il 34% indica una diminuzione della soddisfazione del cliente.

    Quando, per settimane, si dedicano 4-5 risorse specializzate, con una capacità del 50%-75%, si verificano effetti a catena in ogni parte dell’azienda.

    Perché le applicazioni cloud-native stanno rivoluzionando il ripristino tradizionale

    I dati mostrano una cruda realtà: il 49% delle organizzazioni trova backup e ripristino più semplici per le applicazioni legacy, rispetto a solo il 26% per quelle cloud-native. Questo non sorprende se si capisce cosa sta accadendo.

    Le applicazioni cloud-native sono costruite su architetture a microservizi – componenti vagamente connessi che possono essere di proprietà di vari team, utilizzare stack tecnologici differenti e seguire cicli di rilascio diversi. Sebbene ciò abiliti l’agilità che rende attraente il cloud-native, crea un incubo quando si parla di ripristino:

    • L’82% delle organizzazioni segnala livelli problematici derivanti della configurazione.
    • Il 69% riconosce che la deriva della configurazione mina attivamente la propria resilienza digitale.
    • Il 47% di tutto il nuovo sviluppo di applicazioni è ora cloud-native, creando un ambiente ibrido sempre più complesso da proteggere.

    L’effetto moltiplicatore del multi-cloud

    La complessità si aggrava se si considera che il 90% delle aziende intervistate utilizza due o più fornitori di cloud. Sebbene l’87% desideri strumenti di resilienza coerenti tra le piattaforme cloud, la realtà è sconfortante: quasi il 90% si trova ad affrontare una sostanziale variabilità nei propri attuali tool di protezione.

    Questa frammentazione crea:

    • Inefficienze operative tra i team.
    • Necessità di competenze specialistiche per ogni piattaforma.
    • Potenziali lacune di resilienza tra gli ambienti.

    L’imperativo della rebuild automatica

    I dati rendono un risultato cristallino: l’approccio manuale alle rebuild di applicazioni cloud è insostenibile. Le aziende devono ripensare radicalmente il loro approccio, passando dal ripristino reattivo alla resilienza proattiva.

    È qui che le rebuild automatiche diventano non solo utili, ma essenziali:

    • Velocità che fa risparmiare denaro: comprimere processi di ricostruzione che durano settimane in ore o minuti non solo riduce i tempi di inattività, ma preserva le iniziative strategiche che guidano la crescita del business.
    • Coerenza su larga scala: i processi automatizzati eliminano sia la deriva della configurazione che l’errore umano, che affliggono quelle manuali, consentendo un ripristino ogni volta affidabile.
    • Liberazione delle risorse: se i team IT non gestiscono costantemente crisi di ricostruzione, possono concentrarsi sulle attività di innovazione che fanno effettivamente progredire l’azienda.

    I processi di ricostruzione manuale sono un freno all’innovazione, un drenaggio di risorse e un rischio per la continuità aziendale. Con l’accelerazione dell’adozione del cloud-native – con il 47% delle nuove applicazioni ora costruite su questi principi – le aziende che sopravvivranno e prospereranno saranno quelle che abbracceranno l’automazione come requisito fondamentale, non come un “nice-to-have”.

    di Mauro Palmigiani, Corporate Vice President Europe South di Commvault

    Cloud-native CommVault Mauro Palmigiani rebuild automatiche rebuild manuali
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