L’adozione dell’intelligenza artificiale nelle imprese italiane sta avanzando con rapidità, ma i risultati concreti non sempre sono all’altezza delle aspettative, anche nelle grandi aziende. Il problema non risiede nella maturità delle tecnologie disponibili, bensì spesso nella qualità e quantità dei dati e nell’avviare progetti senza definire in modo preciso quali risultati si vogliono ottenere e come verranno misurati. Tuttavia anche l’incapacità di gestire la trasformazione che l’AI porta con sé nell’organizzazione si sta rilevando un freno crescente per il successo aziendale di queste tecnologie.
Implementare l’AI infatti non comporta solo un semplice upgrade tecnologico, ma innesca cambiamenti che toccano processi, ruoli, competenze e cultura aziendale. Perché un progetto AI si traduca in valore, occorre governare questa transizione anche con un approccio di Change Management dedicato.
Un approccio che deve toccare quattro ambiti principali:
- La ridefinizione del rapporto uomo-macchina: i dipendenti si trovano sempre più spesso a “collaborare” con soluzioni “intelligenti” che non si limitano a eseguire istruzioni, ad automatizzare ma propongono anche soluzioni. Questo cambia radicalmente da una parte il modo in cui le persone percepiscono il proprio ruolo e valore aggiunto; dall’altra la loro valutazione dell’AI. Entrambe le dinamiche impongono un ripensamento del modo in cui il personale interagisce con tali soluzioni;
- L’evoluzione delle competenze: l’AI offre il massimo dei ritorni se considerata un abilitatore non di efficienza (meno risorse e meno costi) ma di produttività e competitività. In quest’ottica non elimina il lavoro umano, lo trasforma ma per farlo occorre che si individuino e preparino le competenze necessarie;
- Una comunicazione “sofisticata”: inoltre è determinante agire sulla paura verso l’AI del personale, dimostrando concretamente come possa valorizzare le competenze umane distintive attraverso messaggi mirati che, caso per caso, illustrino come queste tecnologie possano migliorare concretamente il lavoro quotidiano, per esempio liberando tempo per elaborare proposte o rivedere strategie anziché dedicarlo all’analisi manuale di dati o documenti;
- Nuovi modelli di governance: la velocità e l’autonomia dei cosiddetti sistemi intelligenti richiedono anche nuove forme di controllo e responsabilità definendo, per esempio, chi è responsabile quando un algoritmo prende una decisione sbagliata o quali aree richiedono sempre e comunque un controllo umano.
È quindi evidente che il Change Management nell’era dell’intelligenza artificiale richiede necessariamente un approccio che sappia coniugare dimensioni tecniche, umane e strategiche.
In questa direzione, prima di intraprendere qualsiasi implementazione tecnologica, diventa cruciale condurre un assessment specifico legato all’AI, ovvero valutare attentamente la “maturità” dell’organizzazione rispetto all’adozione dell’intelligenza artificiale. Questa valutazione non può limitarsi alle sole competenze tecniche, ma deve abbracciare aspetti più ampi come la cultura del dato o la predisposizione al cambiamento. È implicito che un’organizzazione caratterizzata da strutture gerarchiche rigide e processi consolidati avrà bisogno di un percorso di preparazione e accompagnamento più articolato e lungo rispetto a quello necessario per una realtà nativa digitale, agile e dinamica.
Inoltre troppo spesso l’implementazione dell’intelligenza artificiale viene progettata prescindendo dai contesti applicativi e soprattutto dagli utenti, per poi essere “calata” dall’alto nell’organizzazione come evoluzione preconfezionata. Al contrario un approccio realmente efficace deve prevedere il coinvolgimento attivo degli utilizzatori finali sin dalle prime fasi di progettazione, creando così le condizioni non solo per una maggiore “accettazione” da parte del personale dell’AI ma anche per un suo utilizzo più efficace;
Infine, non va sottovalutato che i dati cambiano e si arricchiscono nel tempo, quindi gli algoritmi apprendono costantemente e anche le performance dei software AI migliorano nel tempo grazie alle interazioni. In altre parole, l’AI, per sua natura, è in continua e dinamica evoluzione. Il Change Management deve pertanto sostenere le organizzazioni affinché siano capaci di apprendere insieme all’AI, instaurando un ciclo virtuoso di miglioramento continuo e reciproco che coinvolga anche le persone che le utilizzano.
A cura di Romeo Scaccabarozzi, Amministratore Delegato di Axiante