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    Gli ADC si evolvono per l’Intelligenza Artificiale

    By Redazione LineaEDP02/05/20256 Mins Read
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    La nuova generazione di Application Delivery Controller (ADC) deve essere pensata per supportare le aziende nell’affrontare sfide complesse e su larga scala

    ADC
    Kunal Anand, Chief Innovation Officer di F5

    Le aziende di oggi devono affrontare una complessità senza precedenti all’interno di un panorama IT ibrido e multicloud altamente articolato, con centinaia di applicazioni e API distribuite su ambienti molteplici. Con l’intelligenza artificiale sempre più al centro delle infrastrutture moderne e distribuite, questa complessità è destinata a crescere ulteriormente. Aumentano i silos operativi, si riduce l’agilità e si allunga il time-to-market. La superficie esposta agli attacchi si espande, rendendo le aziende sempre più vulnerabili a una nuova generazione di minacce informatiche alimentate dall’intelligenza artificiale. Nel frattempo, molte realtà si trovano a dover integrare soluzioni frammentate di diversi vendor, dando origine a politiche disomogenee e a gravi carenze di visibilità e gestione che finiscono per amplificare i rischi legati alla sicurezza. È chiaro che per superare l’attuale ciclo di crisi del settore serve un cambio di rotta. Crediamo che la risposta risieda in una nuova generazione di Application Delivery Controller (ADC), pensati per supportare le aziende nell’affrontare sfide complesse e su larga scala. Questa nuova evoluzione degli ADC rappresenta un cambiamento fondamentale nel modo in cui le imprese si approcciano alla distribuzione e alla sicurezza delle applicazioni.

    Il ruolo centrale degli ADC

    Se qualcuno si stesse chiedendo: “ADC? Non avevamo smesso di parlarne anni fa?” La risposta è che è vero, in alcune aree del settore l’argomento è passato in secondo piano, ma la loro scomparsa è stata decisamente sopravvalutata. Gli ADC svolgono ancora oggi un ruolo centrale in termini di prestazioni, disponibilità e sicurezza delle applicazioni. Agiscono come veri e propri guardiani, assicurando che le applicazioni vengano distribuite in modo efficiente e sicuro, ovunque siano ospitate: on-premise, su più cloud o all’edge.

    Con la crescente adozione di API, microservizi e carichi di lavoro guidati dall’IA, il ruolo degli ADC non è mai stato così cruciale. Il deployment di applicazioni moderne, basate sull’intelligenza artificiale, richiede soluzioni capaci di gestire in modo intelligente il traffico, garantire una sicurezza robusta e offrire una gestione unificata su tutti gli ambienti.

    In F5 siamo convinti che gli ADC siano la tecnologia giusta per affrontare questa sfida.

    Ripensare gli ADC in un panorama in continua evoluzione

    L’evoluzione degli ADC segna un salto significativo nella distribuzione e nella sicurezza delle applicazioni, attraversando tre epoche ben distinte. La prima generazione di ADC, ADC 1.0, è nata durante il boom delle .com. Progettati per infrastrutture on-premise, questi ADC erano pensati per supportare applicazioni monolitiche e a tre livelli, con un’attenzione particolare alla sicurezza, grazie a soluzioni come il Web Application Firewall (WAF) e la protezione dagli attacchi DDoS. Si trattava principalmente di appliance hardware o virtuali, utilizzate per il bilanciamento del carico, la cache dei contenuti e la protezione delle applicazioni web. In questo contesto, F5 è diventata leader di questo mercato, aiutando le grandi aziende a scalare i propri servizi digitali per l’era del web.

    Con l’avvento del cloud computing negli anni 2010, gli ADC hanno dovuto evolversi per stare al passo con la nuova scala del cloud, diventando più agili, scalabili ed economicamente sostenibili. È così che ha preso forma l’era degli ADC as a Service, una fase in cui le loro capacità si sono ampliate per rispondere alle sfide poste dalla trasformazione digitale verso il cloud. In questa fase, l’hardware fisico nei data center ha iniziato a perdere appeal: la natura distribuita del cloud imponeva requisiti di visibilità, scalabilità e coerenza. Anche le applicazioni hanno subito una trasformazione, grazie alla diffusione di microservizi e container, che hanno semplificato la gestione e la manutenzione delle app cloud-native. Allo stesso tempo, l’emergere di nuove minacce – in particolare quelle rivolte a un numero sempre crescente di API – ha reso necessarie nuove misure di sicurezza, come la protezione delle API, la difesa contro i bot e la mitigazione degli attacchi DDoS.

    Nell’era del cloud, si pensava che tutte le app sarebbero finite lì. Molti credevano che l’approccio ibrido fosse solo temporaneo: il cloud sarebbe stato più veloce, economico e sicuro, e avrebbe alleggerito il carico sui team IT, aumentando l’agilità aziendale. Ma, naturalmente, queste previsioni si sono rivelate errate su più livelli.

    Oggi le applicazioni sono costruite su molteplici architetture e risiedono in ambienti diversi: cloud multipli, SaaS, edge e data center aziendali. Con l’AI che promette di amplificare ulteriormente la complessità delle attuali infrastrutture ibride e multicloud, è giunto il momento di ripensare ancora una volta la nostra visione collettiva per affrontare le esigenze di un panorama digitale in continua evoluzione.

    La risposta alla complessità guidata dall’AI

    L’era dell’AI ha introdotto nuove sfide nella delivery e nella sicurezza delle applicazioni. Le infrastrutture sono ibride e multicloud by design, per rispondere alle esigenze delle applicazioni AI, che sono distribuite per natura. Queste applicazioni distribuite esercitano una pressione enorme sulle risorse infrastrutturali, poiché enormi quantità di dati devono essere trasferite e protette tra ambienti diversi. Allo stesso tempo, diventa imprescindibile adottare soluzioni di sicurezza basate sull’intelligenza artificiale, capaci di fronteggiare un panorama di minacce completamente rinnovato, dove l’esplosione delle API si intreccia con attacchi sempre più sofisticati e assistiti dall’IA.

    La prossima evoluzione degli ADC offre molto più del semplice bilanciamento del carico. Gli ADC 3.0 affrontano le principali sfide degli ambienti IT nell’era dell’AI: complessità, incoerenza, rigidità e mancanza di visibilità. Combinano il bilanciamento del carico e la distribuzione delle applicazioni ad alte prestazioni con funzionalità avanzate di cybersecurity per applicazioni web e API, ridefinendo ciò che un ADC può – e dovrebbe – essere.

    Ecco, quindi, le sei qualità distintive che definiscono i nuovi ADC e il loro approccio alle sfide IT più pressanti:

    • Delivery e sicurezza completi per ogni applicazione in un’unica piattaforma che semplifica la gestione per i team IT e di sicurezza;
    • Disponibili in qualsiasi formato, per funzionare in modo fluido negli odierni ambienti IT eterogenei;
    • Policy unificata e gestione centralizzata in tutte le sedi per ridurre la complessità e migliorare l’efficienza;
    • Analisi e insight avanzati, pertinenti e azionabili, per ottimizzare le prestazioni e rafforzare la sicurezza delle applicazioni complesse;
    • Data plane completamente programmabili, per automatizzare il deployment e personalizzare le funzionalità in base alle esigenze in evoluzione;
    • Automazione dell’intero ciclo di vita, per permettere ai team di concentrarsi sull’innovazione anziché sulle attività di manutenzione.

    Questo è solo l’inizio. L’obiettivo di F5 è fornire la piattaforma definitiva per l’era degli ADC 3.0. Solo così sarà possibile gestire la sempre crescente complessità e i rischi che derivano dall’espansione delle infrastrutture alimentate dall’AI. Con l’intensificarsi di questa sfida, F5 si propone di essere la chiave per garantire sicurezza, performance e agilità alle organizzazioni che affrontano questo panorama in rapida evoluzione.

    A cura di Kunal Anand, Chief Innovation Officer di F5

    Application Delivery Controller (ADC) F5
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    Redazione LineaEDP
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