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    Data Science: quando i dati parlano al business

    By Redazione LineaEDP17/09/2025Updated:17/09/20256 Mins Read
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    Matteo Longoni, Business Development Manager di Axiante, illustra il ruolo crescente della Data Science a partire dalla relazione sinergica con il Data Management

    Data Science
    Foto di Pete Linforth da Pixabay

    Oggi i mercati non sono solo complessi, sono in continuo movimento: le regole cambiano, i competitor si reinventano e i clienti modificano le proprie abitudini, e questa dinamica avviene molto velocemente. Per le imprese, questo significa una cosa sola: dover ripensare continuamente il rapporto con i dati. Non si tratta più solo di raccogliere informazioni e dati, ma di avere strumenti flessibili per riprocessarli e valorizzarli attraverso nuove analisi, trasformandoli da semplice repository a un vero e proprio motore strategico che alimenta crescita, innovazione e performance del proprio business.

    Data Management e Data Science: due facce della stessa medaglia

    Proprio per rispondere a questa evoluzione, le organizzazioni si trovano oggi ad affrontare una duplice sfida: da un lato devono garantire la qualità, sicurezza e governance; dall’altro, devono dotarsi di strumenti e approcci moderni in grado di estrarre valore strategico per sostenere processi decisionali che richiedono accuratezza e velocità di esecuzione.

    E per vincere questa duplice sfida le imprese si affidano a due discipline distinte ma sinergiche: Data Management e Data Science. Il Data Management si occupa di gestire tutto il ciclo di vita dei dati all’interno di un’organizzazione, comprendendo attività come la raccolta, l’archiviazione, l’organizzazione e la governance.

    La Data Science è invece orientata ad analisi e interpretazione, uno strumento per rispondere in tempi brevi e in modo accurato a domande complesse. In altre parole, la Data Science guarda avanti: crea modelli predittivi, sviluppa algoritmi di machine learning per generare, per l’appunto, nuove modalità di analisi che aiutano a prendere decisioni.

    Pur essendo due pratiche differenti, c’è una forte relazione tra le due: senza un solido Data Management, il rischio è di perdere la qualità (o addirittura correttezza) del dato, e portare quindi a conclusioni errate (“Garbage in, Garbage out” è il mantra che risuona fra i Data Scientists). Nello stesso tempo, il valore del Data Management si esprime appieno solo quando le informazioni vengono utilizzate per generare un vantaggio per l’azienda.

    Dalle intuizioni alle evidenze

    Sullo sfondo di tutto ciò troviamo la digitalizzazione che ha generato una quantità e varietà di dati senza precedenti: ogni transazione, ogni interazione digitale, ogni processo aziendale produce infatti informazioni potenzialmente rivelatrici, se adeguatamente analizzate, di pattern nascosti, opportunità inesplorate o aree di debolezza su cui intervenire. A seguito dell’aumento della disponibilità dei dati e della loro importanza, la capacità di estrarre informazioni dai big data è diventata quindi fondamentale per rimanere competitivi.

    Ed è qui che la Data Science fa la differenza: ponte tra questa enorme ricchezza informativa e le decisioni strategiche aziendali, trasforma la complessità informe dei big data in una bussola strategica che identifica una direzione verso cui orientare le decisioni. Per le imprese, questo significa un cambio di paradigma: lasciarsi alle spalle scelte guidate dalle sole intuizioni, supposizioni ed esperienze passate, e poter contare su evidenze numeriche, analisi accurate, modelli predittivi di scenari diversificati. Tutto ciò con impatti misurabili e tangibili sul conto economico.

    Decisioni “intelligenti” per vantaggi concreti

    Le modalità in cui la Data Science lavora sui dati si articolano in varie modalità. Da un lato, attraverso algoritmi avanzati di correlazione e pattern recognition, consente di identificare trend e comportamenti nascosti nei dati che rivelano opportunità di business non ancora sfruttate, come nuovi segmenti di clientela, prodotti complementari da sviluppare o canali di vendita emergenti o, al contrario, aree di debolezza o non presidiate.

    Dall’altro, con tecniche di previsione e anomaly detection si imposta un monitoraggio costante delle dinamiche di mercato e dele azioni dei competitor per adattare rapidamente le strategie di pricing,

    lo sviluppo prodotto e il posizionamento, arrivando anche ad anticipare le mosse della concorrenza e rispondendo in modo agile ai cambiamenti del mercato.

    Sul fronte del cliente, la forza sta nella granularità dell’analisi: comprendere meglio i comportamenti, individuare micro-segmenti prima invisibili e personalizzare le proposte in modo mirato. Algoritmi di machine learning possono predire le preferenze o comportamenti individuali – come un possibile abbondono – con precisione, consentendo alle organizzazioni di anticipare i bisogni dei clienti piuttosto che semplicemente reagire ad essi.

    Dal punto di vista operativo, l’analisi predittiva sta rivoluzionando la gestione della supply chain e la manutenzione degli asset aziendali. La capacità di prevedere i guasti dei macchinari, ottimizzare i livelli di inventario e identificare inefficienze nei processi produttivi o logistici si traduce direttamente in riduzione dei costi e miglioramento della qualità del servizio.

    Questi vantaggi, già consolidati nei settori più digitalizzati come l’e-commerce e quello bancario o assicurativo, stanno trovando applicazione anche in tutta la catena del valore nel mondo manufatturiero.

    La benzina della Data Science

    La ricchezza analitica cui la Data Science fa accedere trova la sua linfa vitale ovviamente nelle molteplici fonti dati; fonti che le aziende detengono o a cui possono attingere. La parte consolidata è relativa ai dati strutturati: database transazionali che registrano ogni operazione commerciale, sistemi ERP che mappano i processi operativi, i software del CRM e del CXM che catturano le interazioni con i clienti e il loro grado di soddisfazione, e piattaforme di e-commerce che tracciano comportamenti d’acquisto e navigazione.

    A questi si affiancano crescenti volumi di dati semi-strutturati e non strutturati provenienti in primo luogo dai canali digitali: log di navigazione web, contenuti dei social media, recensioni online, email e documenti aziendali che, una volta processati attraverso tecniche di text mining, natural language processing e AI generativa, rivelano sentiment dei clienti, preferenze e trend emergenti.

    Nell’industria, da una decina di anni – e sempre di più – è l’Internet of Things ad aprire a nuove fonti dato preziosissime: sensori industriali che monitorano macchinari e processi produttivi connessi a database delocalizzati aziendali, dispositivi wearable che raccolgono dati biometrici, sistemi di geolocalizzazione che tracciano i movimenti dei clienti e o dei mezzi della logistica, creano flussi continui di dati che alimentano i sistemi di analisi, anche in streaming e real time.

    Non meno importanti sono le fonti esterne: dati macroeconomici, demografici e settoriali che contestualizzano le performance aziendali, informazioni sui competitor, dataset pubblici governativi. Tutti elementi cui le aziende possono accedere agilmente che contestualizzano le performance aziendali in veri e propri benchmark di mercato.

    Questa molteplicità di fonti, insieme a architetture moderne flessibili e linguaggi di programmazione specifici come Python, consente alla Data Science di costruire quella visione multidimensionale del business indispensabile per rappresentare davvero un valido aiuto alle decisioni strategiche.

    E sempre che non manchi, infine, un efficiente tool di Data Visualization: strumenti moderni come Power BI permettono di fruire delle analisi anche in modalità Self-Service Analytics, garantendo immediatezza, precisione e la flessibilità necessaria per personalizzare le analisi anche per utenti non tecnici.

    Dai dati alle decisioni, insieme

    I dati nella loro duplice visione, ci mostrano chiaramente una cosa: la Data Science, da sola, non basta. Nemmeno il Data Management, da solo, è sufficiente. E pur in un mondo in continua evoluzione, questo tema rimarrà, mutatis mutandis, anche in futuro, fino a che esisteranno i dati.

    Il futuro non appartiene quindi a chi avrà più dati, ma a chi sa unire una solida gestione del dato a strumenti analitici potenti e flessibili, a chi saprà orchestrare persone e processi in modo dinamico e collaborativo.

    A cura di Matteo Longoni, Business Development Manager di Axiante

     

    Axiante Data science
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