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    Per abilitare i processi digitali servono aziende cloud-native

    Di Redazione LineaEDP16/05/2022Lettura 3 Min
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    Cresce l’adozione delle logiche cloud-native per adattare le architetture applicative alle nuove aspettative dei mercati digitali

    Deloitte Elmec cloud

    Secondo IDC, entro il 2024 le imprese di tutto il mondo avranno modernizzato circa il 70% del proprio parco applicativo valorizzando le logiche cloud-native. Container, microservizi e orchestrazione dinamica sono esempi di tecnologie e approcci che sostengono i modelli cloud-native e che rappresentano oggi un percorso necessario per aumentare l’agilità e adattare le architetture applicative alle nuove aspettative dei mercati digitali.

    A partire dalla metà del decennio scorso, lo sviluppo di applicazioni cloud-native è cresciuto costantemente. Architetture ibride e distribuite hanno reso possibile l’adozione di tecnologie come i container e le API per aumentare l’elasticità e la flessibilità dei workload aziendali, con migliori economie di scala rispetto ai tradizionali modelli. Questo ha reso le logiche cloud-native molto attraenti per le imprese e i fornitori di servizi digitali che cercano di introdurre nuove applicazioni o di ridisegnare quelle esistenti. Gli sviluppi più recenti, avvenuti negli anni successivi, tra cui il serverless computing (function as a service) e i microservizi, hanno permesso un’espansione ancora maggiore dell’impronta cloud-native.

    IDC definisce cloud-native un’applicazione che sfrutta il cloud e le tecnologie collegate per abilitare due caratteristiche tipiche: un alto grado di scalabilità attraverso un’architettura di servizi distribuiti e un’elevata facilità di uso. Senza entrare nello specifico degli attributi tecnici, un’applicazione cloud-native incorpora uno schema di aggiornamenti automatici, supporta il provisioning automatico dell’infrastruttura, può essere eseguita in modo geo-disperso, è auto-ridondante e auto-configurabile in modo agnostico rispetto all’hardware. Insieme a questi attributi, propri delle applicazioni cloud-native, vale la pena di evidenziare altri elementi che sono spesso considerati collegati a questo concetto: l’uso di container o motori di orchestratori di container, di microservizi, di ambienti cloud pubblici e di architetture open source.

    La crescita accelerata delle applicazioni cloud-native pone però la necessità di adottare nuovi strumenti per l’osservabilità delle prestazioni e per il controllo sui rischi e la sicurezza IT. Per ottimizzare le cloud operations, le imprese dovranno infatti necessariamente investire in strumenti di performance management (applicativo e infrastrutturale) e in soluzioni che abilitino il monitoraggio continuo, l’ottimizzazione e la risoluzione delle problematiche dei nuovi servizi digitali.

    Appuntamento il 24 maggio a Milano per parlare dei valori del cloud-native

    IDC in collaborazione con Dynatrace e Red Hat organizza il 24 maggio all’Armani Hotel di Milano una Executive Roundtable per consentire ai technology leader aziendali di confrontarsi su scenari, sfide ed esperienze di governo innovativo delle trasformazioni cloud-native.

    Con la partecipazione di Emanuele Cagnola, regional director Italy di Dynatrace, e di Rodolfo Falcone, country manager Italia di Red Hat, l’evento sarà condotto da Fabio Rizzotto, vice president, head of research and consulting di IDC Italia, con l’intervento di altri esperti e ospiti aziendali.

    Come concluso da Rizzotto: “La consapevolezza del valore dei princìpi cloud-native si è ormai già fatta strada nelle imprese. Manager e professionisti IT hanno però bisogno di governare questa trasformazione superando sfide e complessità. Il supporto dell’ecosistema dei partner è fondamentale per consentire alle imprese di abilitare i processi digitali su nuove piattaforme e architetture di business”.

    Dynatrace IDC Imprese cloud-native Red Hat
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