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    GenAI: 68% dei lavoratori italiani la usa, ma il 36% teme di essere sostituito

    By Redazione LineaEDP16/07/20255 Mins Read
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    A quasi un anno dall’entrata in vigore dell’AI Act Europeo emerge una domanda cruciale: l’intelligenza artificiale generativa (GenAI) sta davvero migliorando il modo di lavorare o sta amplificando le incertezze?

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    Foto di Tung Nguyen da Pixabay

    L’intelligenza artificiale generativa (GenAI) non è più una promessa lontana: per dirigenti e manager è ormai parte integrante del lavoro quotidiano. Ma mentre la leadership aziendale accelera, una parte consistente della forza lavoro resta indietro. È quanto emerge dal nuovo report di Boston Consulting Group (BCG), “AI at Work: Momentum Builds, But Gaps Remain”, che fotografa un’adozione della GenAI sempre più consolidata ai vertici, ma ancora frammentata tra ruoli e Paesi.

    L’analisi di BCG, basata su oltre 10.600 interviste a dirigenti aziendali, manager e personale operativo, condotte in 11 Paesi nel mondo, mostra come in Italia il 68% dei lavoratori utilizzi regolarmente strumenti di GenAI durante la settimana lavorativa. Questa percentuale, sebbene allineata a quella di Germania e Regno Unito, è però inferiore alla media globale (72%) e ben distante dai tassi di adozione in India (92%) e Medio Oriente (87%). Negli Stati Uniti, invece, l’utilizzo è ancora più contenuto e la percentuale scende al 64%, mentre in Giappone si ferma al 51%.

    Eppure, “Non basta introdurre strumenti di GenAI per cambiare davvero il modo in cui si lavora. Come dimostra la ricerca, le aziende che ottengono risultati concreti sono quelle che investono nelle persone, ripensano i processi e coinvolgono la leadership in modo attivo” afferma Matteo Radice, Managing Director e Partner di BCG. “A livello globale, solo il 25% del personale operativo si sente supportato nell’uso dello strumento e il 36% ha ricevuto una formazione adeguata. È quindi urgente costruire una strategia che sviluppi competenze diffuse e renda la GenAI una leva inclusiva, accessibile a tutti i livelli. Colmare il divario che oggi limita l’uso dello strumento al personale operativo non è solo una scelta equa, ma una condizione necessaria per sbloccare tutto il potenziale della tecnologia.”

    Infatti, osservando le diverse funzioni aziendali il divario nell’uso della GenAI si allarga ulteriormente: se l’85% dei dirigenti e il 78% dei manager a livello globale afferma di usare lo strumento più volte alla settimana, la percentuale scende al 51% tra il personale operativo. Un dato fa ulteriormente riflettere: solo un lavoratore su quattro tra questi ultimi si sente realmente supportato dalla leadership nell’adozione della tecnologia.

    Il report evidenzia anche un sentimento trasversale di incertezza rispetto all’impatto della GenAI sul futuro del lavoro: il 41% dei lavoratori a livello globale teme che la propria posizione possa essere sostituita entro dieci anni. In Italia questa preoccupazione si attesta ad un più modesto 36%, ma sale nei Paesi dove l’adozione dello strumento è più avanzata, come il Medio Oriente (63%) e la Spagna (61%).

    Cosa frena davvero l’uso dell’AI sul lavoro?

    Uno dei benefici più tangibili dell’uso della GenAI è il risparmio di tempo, come conferma il 47% dei lavoratori globali che la utilizza regolarmente e dichiara di guadagnare più di un’ora al giorno. Tuttavia, solo un terzo riceve indicazioni chiare su come impiegare questo tempo liberato e il risultato è un impatto frammentato, che spesso non si traduce in reale valore né per i lavoratori né per l’organizzazione.

    Il report individua tre ostacoli chiave alla diffusione della GenAI nel mondo del lavoro:

    • Formazione insufficiente: solo il 36% dei lavoratori dichiara di aver ricevuto un training adeguato sull’uso dell’intelligenza artificiale. Non a caso, tra chi ha seguito almeno cinque ore di formazione approfondita, la percentuale di utenti regolari di GenAI cresce del 30% rispetto a chi ha ricevuto meno supporto.
    • Accesso agli strumenti: il 37% dei lavoratori afferma che la propria azienda non fornisce le risorse necessarie per l’uso della GenAI. Questo dato non deve essere preso sottogamba, poiché in assenza di soluzioni aziendali ufficiali, oltre la metà (54%) si dichiara pronta a usare strumenti AI non autorizzati. Questo fenomeno, noto come shadow AI, si riferisce all’utilizzo di tecnologie e intelligenza artificiale senza l’approvazione o il controllo dei reparti IT. Una pratica che, se non gestita, può esporre l’organizzazione a rischi significativi in termini di protezione dei dati, affidabilità dei risultati e sicurezza informatica.
    • Mancato supporto della leadership: tra il personale operativo, solo il 25% si sente accompagnato dai propri superiori nell’uso dello strumento al lavoro. Eppure, quando questo supporto è percepito, l’ottimismo sul potenziale della GenAI aumenta di 40 punti percentuali, mentre le prospettive di carriera migliorano di 47 punti percentuali.

    Le aziende che vanno oltre la semplice adozione tecnologica e iniziano a ripensare i processi di lavoro in ottica AI – ad esempio ridisegnando interi flussi o funzioni – registrano le performance migliori: maggiore orientamento ai compiti strategici, migliori decisioni e più ore dedicate ad attività a valore aggiunto. Tuttavia, in questi contesti più evoluti cresce anche il senso di vulnerabilità, con il 46% dei lavoratori coinvolti in progetti di “workflow redesign” che teme di perdere il proprio posto, a differenza del 34% tra chi lavora in aziende che si limitano all’uso di tool generici.

    Una strategia concreta per trasformare l’AI in valore

    Per affrontare in modo efficace l’ingresso della GenAI nei contesti lavorativi, le aziende devono definire una strategia chiara e lungimirante. Secondo il report di BCG, rendere questa transizione sostenibile e inclusiva significa agire su più fronti in modo coordinato.

    Serve innanzitutto investire nella formazione: non bastano più corsi brevi e introduttivi, ma servono percorsi strutturati e continui, calibrati sulle diverse esigenze professionali. Solo così l’intera forza lavoro può essere coinvolta e resa protagonista del cambiamento. È poi necessario ripensare i processi organizzativi, integrando l’intelligenza artificiale nei flussi operativi in modo sistemico: non si tratta semplicemente di adottare nuovi strumenti, ma di rivedere il funzionamento delle funzioni aziendali alla luce delle potenzialità della tecnologia. Parallelamente, va potenziata la capacità di monitorare l’impatto della GenAI: le aziende devono dotarsi di metriche in grado di misurare concretamente i benefici ottenuti in termini di produttività, qualità del lavoro e benessere del personale.

     

    Boston Consulting Group (BCG) GenAI
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