L’azienda del futuro è un universo di relazioni e riuscire a collegare le “stelle” giuste oggi è la chiave per generare valore, forza e sviluppo sostenibile.
È quanto confermano i dati della nuova indagine sulla supply chain condotta da IUNGO, spin-off della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia che ha ideato una piattaforma per l’ottimizzazione della supply chain collaboration, su un campione di circa 100 aziende italiane, presentati in anteprima all’evento IUNGOforum 2025.
Il modo di fare impresa è in evoluzione: la supply chain non è più un flusso lineare ma lascia spazio a ecosistemi dinamici, vere costellazioni di relazioni in cui aziende, partner e clienti creano insieme un sistema interconnesso e in continua trasformazione.
Supply chain: 2024 VS 2025
Le evidenze mostrano un sostanziale cambio di paradigma e una consapevolezza più matura sulle prospettive future rispetto al 2024. Il vero valore del cambiamento sta nel passaggio dalla tecnologia alla relazione: il futuro del procurement non si misura più in strumenti o velocità, ma nella fiducia, nella sintonia e nella capacità di creare ecosistemi che pensano insieme.
Concorda con questa visione il 70% delle aziende intervistate che riconosce come l’efficienza cresca con la qualità dei rapporti con i fornitori, mentre l’ostacolo più rilevante all’innovazione non risiede più negli elementi tecnologici ma nella cultura organizzativa per ben il 30% dei rispondenti.
Un’altra differenza sostanziale che emerge rispetto all’indagine condotta da IUNGO nel 2024, a ribadire l’attenzione verso l’elemento “culturale” e delle competenze, sono le barriere all’innovazione:
- il 30% indica la cultura aziendale come principale ostacolo all’innovazione,
- il 26% parla di mancanza di competenze,
- solo il 22% cita la difficoltà di integrazione tecnologica.
Dati che sottolineano come la digitalizzazione sia ormai realtà; ciò che manca è l’allineamento umano. Siamo nella fase della complessità matura, in cui il vero progresso non è adottare la tecnologia, ma saperla vivere e farne spazio di dialogo e collaborazione.
Procurement 2030: da funzione operativa ad architetto di ecosistemi
Il dato più significativo rivela la trasformazione culturale in atto del ruolo dell’ufficio acquisti: il 41% dei rispondenti vede il procurement del 2030 come “architetto” di un ecosistema, un richiamo alla capacità di progettualità, armonia e visione d’insieme; il 26% come “innovatore”, in grado di portare nuove idee, tecnologie e approcci per trasformare il modo di fare acquisti e supply chain; il 19% lo vede come un “facilitatore” che mette in contatto reparti e fornitori, semplifica i processi e favorisce la collaborazione, mentre nessuno vede più il procurement come semplice “esecutore”. L’ufficio acquisti diventa così il centro di un ecosistema circolare, dove competenza, dati e relazioni si uniscono per progettare connessioni, non solo gestire flussi.
A conferma del cambiamento profondo che stanno vivendo le imprese italiane, il 41% degli intervistati indica nella pianificazione condivisa del forecasting la conversazione più strategica che possono avere con i propri partner. Il focus si sposta così dalla gestione delle urgenze alla collaborazione preventiva, dalla cultura del controllo a quella dell’anticipazione. La supply chain diventa quindi un ecosistema relazionale, dove, ancora una volta, il valore nasce dal progettare insieme.
E in questa nuova supply chain resta viva l’attenzione sugli aspetti tecnologici innovativi: oltre la metà degli intervistati (52%) indica l’automazione e l’AI come priorità a conferma della maturità crescente delle aziende che sposta il focus dall’hype tecnologico all’intelligenza realmente utile.
Il procurement non vuole sostituire l’uomo, ma potenziarlo, usando la tecnologia per liberare tempo e valorizzare giudizio, contesto e relazioni. L’obiettivo non è un procurement automatizzato, ma aumentato, dove algoritmi e sensibilità operano in equilibrio. In termini di sostenibilità, solo il 19% delle aziende considera la filiera sostenibile e circolare un vero elemento di competitività futura; per la maggior parte, resta ancora un obbligo normativo più che una leva strategica, complice anche il rinvio introdotto dallo Stop The Clock.
Non più semplici fornitori, ma partner di cultura digitale
Facendo leva sulle testimonianze raccolte e i dati dell’indagine, “lo IUNGOforum è stata un’importante occasione di confronto, per provare a cambiare prospettiva per non pensare più agli acquisti come a una funzione operativa, ma come a un vero e proprio spazio di relazione, in cui tecnologia, fiducia e partnership si intrecciano per disegnare le nuove supply chain,” afferma Andrea Tinti, CEO e Founder di IUNGO.
Oggi servono partner di cultura digitale, non semplici fornitori, realtà capaci di condividere una visione e guidare il cambiamento. Le soluzioni devono parlare la lingua di chi le usa e, dunque, essere intuitive, flessibili e accessibili, trasformando la complessità in semplicità senza perdere completezza e potenza funzionale. La tecnologia è quindi solo il punto di partenza perché il suo vero valore sta nella capacità di creare nuove abitudini di collaborazione, più naturali, efficaci e umane.


