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    Data center e sviluppo digitale: il paradosso italiano

    By Redazione LineaEDP18/11/20253 Mins Read
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    Martin Horacek di BCS Consultancy spiega perché l’Italia rischia di perdere la corsa ai data center e alle infrastrutture digitali

    data-center

    Di seguito condividiamo un commento di Martin Horacek, MRICS, Service Director di BCS Consultancy che analizza le criticità del disegno di legge in materia di organizzazione, potenziamento e sviluppo tecnologico dei centri di elaborazione dati e spiega perché le attuali proposte rischiano di compromettere la competitività dell’Italia nel settore dei data center e delle infrastrutture digitali.

    Buona lettura!

    Con il piano di “interesse nazionale” per energia e data center, l’Italia sta penalizzando i piccoli reattori nucleari e il Sud? Il pensiero di BCS Consultancy

    Osservo con grande preoccupazione il dibattito in corso in Parlamento sullo sviluppo dei data center in Italia. Nel confronto del 12 novembre 2025 in IX Commissione permanente sulla proposta di legge-delega al Governo in materia di organizzazione, potenziamento e sviluppo tecnologico dei centri di elaborazione dati, l’obiettivo dichiarato era quello di semplificare le autorizzazioni bilanciando però stringenti vincoli ambientali e fiscali. Tra le novità positive, le modifiche proposte estendono i benefici procedurali non solo alle nuove costruzioni, ma anche a ristrutturazioni e ampliamenti, e introducono la possibilità di una procedura autorizzativa unica, con potenziali tempi più rapidi per gli investitori.

    Il nodo più critico riguarda energia e localizzazione. Diverse proposte mirano a dare priorità, o addirittura a vincolare, la localizzazione dei nuovi data center alla vicinanza delle reti di teleriscaldamento per sfruttare il calore di scarto. Poiché tali reti sono presenti soprattutto nel Nord, ne deriva un indirizzo geografico di fatto.

    Sul fronte dell’approvvigionamento elettrico, emerge un contrasto netto: da un lato c’è chi vorrebbe includere l’uso di energia da fonte nucleare sostenibile; dall’altro, un emendamento punta a vietare esplicitamente l’autoproduzione di energia elettrica tramite impianti nucleari per il servizio dei data center, un divieto che includerebbe anche gli Small Modular Reactors (SMRs).

    Parallelamente, vengono introdotti criteri molto severi per l’accesso ai benefici: prova di effettiva presenza fiscale, sostanza economica e contributo occupazionale in Italia, oltre alla promozione di un riequilibrio territoriale verso il Sud. A questi si aggiungono nuovi oneri fiscali che incidono sulla competitività complessiva del Paese.

    È la combinazione di queste direttive a creare una trappola: spingiamo i data center a localizzarsi nel Nord per il recupero del calore di scarto proprio dove la rete elettrica nazionale è già virtualmente satura; e, al contempo, rimuoviamo l’unica opzione realistica che consentirebbe ai grandi operatori e hyperscaler di alimentare i propri impianti in modo stabile e carbon-free senza gravare sulla rete: l’autoproduzione da nucleare di nuova generazione, come gli SMRs.

    Come consulente di settore, vedo quotidianamente i criteri in base ai quali gli operatori internazionali valutano dove investire. Una combinazione di vincoli come questa — che àncora gli impianti a zone energeticamente sature, limita le soluzioni tecnologiche più efficaci e innalza barriere fiscali e di accesso — rende l’Italia significativamente meno attrattiva rispetto ad altri Paesi europei con politiche energetiche più flessibili.

    Il dibattito parlamentare dovrebbe puntare a rendere il nostro Paese una destinazione privilegiata per le infrastrutture digitali. Con queste premesse, rischiamo invece di bloccare lo sviluppo di un settore strategico. L’Europa corre veloce e noi non possiamo permetterci di restare intrappolati in contraddizioni che noi stessi abbiamo creato.

    di Martin Horacek, MRICS, Service Director di BCS Consultancy

    BCS Consultancy data center Martin Horacek sviluppo digitale
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