Come la stagione finale di Stranger Things si prepara ad arrivare sugli schermi, l’eredità della serie si estende ben oltre la semplice nostalgia fantascientifica. Mescolando l’estetica degli anni ’80, la tensione della Guerra Fredda e l’eroismo ispirato ai Goonies, ha reintrodotto il pubblico in un’era di tecnologia analogica e immaginazione suburbana, contribuendo così a riaccendere un fascino culturale più ampio per quel decennio.
Per chi non lo sapesse, la serie segue un gruppo di ragazzi che scopre un esperimento governativo segreto che apre un portale verso un pericoloso mondo parallelo noto come il Sottosopra. Uno specchio distorto del loro mondo, pieno di pericoli invisibili che lentamente si insinuano nella realtà. È finzione, ma il mondo che evoca è radicato nell’ottimismo e nell’incertezza molto concreti dell’era digitale degli albori.
Perché a quei tempi, gli anni ’80 segnavano l’alba dell’era digitale: un mondo di walkie-talkie, radio e schermi CRT tremolanti. Un’epoca in cui un computer svolgeva un singolo compito. Le reti erano autonome. Le minacce, quando arrivavano, erano fisiche o evidenti. Quella semplicità offriva una sorta di sicurezza: si poteva comprendere appieno l’ambiente circostante.
Nei decenni trascorsi da quei primi personal computer e dalle prime reti, il mondo ha costruito un’infrastruttura di miliardi di dispositivi, applicazioni e cloud storage, ognuno dei quali crea, condivide e replica costantemente dati. Il risultato è una superficie di attacco in continua evoluzione. Ogni connessione modifica la forma del rischio. Ogni nuovo strumento aggiunge complessità a un panorama già impossibile da comprendere appieno.
E proprio come Hawkins si è trovata ad affrontare una minaccia crescente proveniente dal Sottosopra, le organizzazioni moderne stanno semplicemente combattendo battaglie su una superficie di attacco che è cresciuta più velocemente della loro capacità di gestirla.
Il nuovo ‘Upside Down’ digitale
Il mondo moderno è più connesso che mai. Ospedali, banche, aeroporti e infrastrutture nazionali dipendono tutti da una complessa rete di sistemi digitali. Si tratta di un livello di connettività che va ben oltre la tecnologia monofunzionale degli anni ’80.
Questa interconnessione, tuttavia, ha un costo. L’ interruzione IT di CrowdStrike dell’anno scorso ha dimostrato come una piccola configurazione errata possa avere ripercussioni su più continenti in pochi minuti. Più recentemente, l’interruzione dei servizi web di Amazon ha ulteriormente rafforzato il fatto che, quando gran parte dell’economia globale dipende da poche piattaforme dominanti, un guasto tecnico in un angolo del cloud può paralizzare il mondo digitale.
Naturalmente, se le interruzioni mostrano quanto fragile sia questa dipendenza, gli attacchi informatici rivelano quanto facilmente possa essere trasformata in un’arma. L’estate degli attacchi al retail all’inizio di quest’anno ha chiaramente ricordato che i malintenzionati sfruttano le più piccole falle nei sistemi diffusi e interconnessi per creare un impatto sproporzionato. Ancora più importante, ha dimostrato che nessuno è al sicuro. Ogni organizzazione opera ormai all’interno di una complessa rete di fornitori terzi, partner cloud e integrazioni software, il che significa che un aggressore non ha più bisogno di prendervi di mira direttamente per raggiungere i vostri dati.
L’ascesa degli strumenti basati sull’intelligenza artificiale non ha fatto altro che accelerare questa complessità, introducendo nuove dipendenze che si evolvono più velocemente di quanto i difensori possano adattarsi. I team di sicurezza sono sovraccarichi, costretti a combattere contro la stanchezza da allerta mentre cercano di gestire ambienti che crescono di giorno in giorno. La consapevolezza è diventata la questione fondamentale: la capacità di comprendere e anticipare il comportamento degli ecosistemi digitali prima che si rompano.
Eppure, sotto questa moderna complessità si cela una scomoda verità: gran parte della nostra infrastruttura è ancora basata su tecnologie obsolete, sistemi costruiti in un’altra epoca, mai progettati per questo livello di connettività. Di fatto, alcuni rimangono integrati in operazioni critiche. Sono stati riparati, riutilizzati, ampliati, ma raramente sostituiti. Il risultato è un ecosistema digitale al tempo stesso avanzato e arcaico: all’avanguardia in superficie, basato su codice obsoleto in profondità.
È quasi come il mondo reale Sottosopra: un mondo speculare in cui agli aggressori basta trovare una singola crepa per intrufolarsi. La sfida, quindi, è che le organizzazioni hanno bisogno di nuovi modi per gestire il proprio ecosistema digitale e collegare i puntini, prima che lo faccia qualcun altro.
Rimettere il sottosopra nel verso giusto
Ripensare la gestione dell’esposizione informatica significa riconoscere che oggi la difesa dipende dalla comprensione del contesto, non solo dalla raccolta di dati. L’azienda moderna non è una rete isolata e statica , ma una costellazione mutevole di sistemi, dispositivi e connessioni che si espandono e si contraggono di ora in ora. Senza sapere come interagiscono questi elementi – quali sono critici, quali sono ridondanti, quali si collegano dove non dovrebbero – le organizzazioni si ritrovano con dei punti ciechi.
La gestione dell’esposizione informatica mette a fuoco queste relazioni. Consente ai team di sicurezza di identificare, valutare e ridurre il rischio informatico in ogni aspetto della loro impronta digitale: gestita o non gestita, IT, OT o basata su cloud. Ancora più importante, collega i punti tra gli asset e i loro comportamenti, rivelando come un elemento compromesso possa propagarsi a cascata all’interno di un’organizzazione. In questo senso, è l’equivalente digitale di mappare Hawkins e il Sottosopra insieme: comprendere come due realtà si sovrappongono e dove potrebbero esistere passaggi nascosti.
Non si tratta di costruire firewall più grandi o di aggiungere più avvisi. Si tratta di contesto: vedere come tecnologia, persone e processi si intersecano in modo che i team possano dare priorità a ciò che conta davvero. In pratica, questo potrebbe significare individuare un router obsoleto in una rete ospedaliera che si collega direttamente a sistemi critici o riconoscere che un nuovo strumento basato sull’intelligenza artificiale stia trasmettendo dati ben oltre il suo ambito previsto. La gestione dell’esposizione aiuta i responsabili della sicurezza ad anticipare questi rischi prima che si trasformino in incidenti, trasformando un’infinità di dati in informazioni utilizzabili.
Mentre gli aggressori utilizzano l’automazione e l’apprendimento automatico per accelerare la ricognizione, i difensori necessitano di altrettanta sofisticatezza nel modo in cui percepiscono e interpretano i loro ambienti. L’intelligenza artificiale ha di fatto livellato il campo di gioco. Gli stessi strumenti che ora sono dietro ad attacchi autonomi e adattivi possono anche rafforzare la difesa, ma solo se le organizzazioni li abbinano a una gestione continua dell’esposizione e a un contesto basato sull’intelligence per rilevare, ragionare e rispondere alla velocità delle macchine. Questo offre alle organizzazioni la lungimiranza per prevedere dove emergeranno le vulnerabilità e la precisione per agire prima che vengano sfruttate.
Perché in un’epoca in cui ogni connessione conta, le organizzazioni che comprendono appieno il loro mondo digitale, e nel contesto, saranno quelle che riusciranno a rimanere un passo avanti a qualsiasi cosa possa accadere dalla realtà capovolta.
Guardando avanti dal passato
La nostalgia ha un fascino potente. Gli anni ’80- e il mondo evocato da Stranger Things – ci ricordano un’epoca in cui la tecnologia sembrava più semplice, più umana, più facile da comprendere. Ma il progresso non torna indietro, e nemmeno il rischio. Inseguendo velocità, scalabilità e connettività, abbiamo costruito un mondo infinitamente più capace e infinitamente più complesso.
Quella complessità è ora il Capovolto, un mondo speculare di sistemi e connessioni che possono rafforzarci o metterci in pericolo a seconda di quanto bene li comprendiamo. Le organizzazioni che avranno successo saranno quelle in grado di interpretare quel mondo, non di temerlo. La gestione dell’esposizione offre la strada più chiara: un modo per trasformare sistemi tentacolari e in rapida evoluzione in qualcosa di comprensibile, gestibile e, in definitiva, difendibile.
La nostalgia può ricordarci da dove veniamo. Ma è la lungimiranza a decidere dove andremo.
A cura di Curtis Simpson, CISO e Chief Advocacy Officer di Armis


