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    Data breach: alle PMI costano il 5% del fatturato annuo

    By Redazione LineaEDP26/07/20195 Mins Read
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    Secondo lo studio annuale IBM, i costi della violazione dei dati sono in aumento con impatti finanziari prolungati per anni

    Il costo di una violazione di dati è aumentato del 12% negli ultimi 5 anni e corrisponde oggi a 3,92 milioni di dollari in media. Lo dice IBM, che ha annunciato i risultati del suo studio annuale in cui esamina l’impatto finanziario delle violazioni di dati sulle aziende.

    Secondo il rapporto annuale “Cost of a Data Breach” sponsorizzato da IBM Security e condotto dal Ponemon Institute, la crescita registrata è rappresentativa dell’impatto finanziario pluriennale delle violazioni, dell’aumento delle regolamentazioni e del complesso processo di risoluzione degli attacchi criminali.

    PMI più vulnerabili al rischio

    Le conseguenze finanziarie di una violazione di dati possono essere particolarmente gravi per le piccole e medie imprese. Secondo la ricerca, le aziende con meno di 500 dipendenti hanno subito perdite di oltre 2,5 milioni di dollari in media, un importo fortemente penalizzante per questa categoria di imprese.

    Per la prima volta, quest’anno è stato esaminato anche l’impatto finanziario a lungo termine di una violazione di dati, che è risultato essere prolungato nel tempo. Circa il 67% dei costi della violazione di dati viene registrato entro il primo anno, il 22% nel secondo anno e un altro 11% si estende oltre i due anni dalla violazione. I costi sono risultati più elevati nel secondo e terzo anno per le aziende operanti in ambienti altamente regolamentati, come la sanità, i servizi finanziari, l’energia e l’industria farmaceutica.

    Tra i principali risultati dello studio di quest’anno è possibile elencare:

    • le violazioni malevole sono le più comuni e costose: oltre il 50% delle violazioni di dati analizzate nello studio è stato causato da attacchi cyber malevoli ed è costato alle aziende in media 1 milione di dollari in più rispetto a quelli derivanti da cause accidentali.
    • le “Mega violazioni” comportano Mega-perdite: anche se meno comuni, le violazioni di più di 1 milione di dati costano alle aziende circa 42 milioni di dollari di perdite; quelle da 50 milioni di dati, circa 388 milioni di dollari.
    • sbagliando si impara: le aziende con un team di risposta agli incidenti dedicato e con un piano di risposta ampiamente testato hanno registrato dei costi di violazione di dati inferiori di 1,23 milioni di dollari in media rispetto a quelle che non avevano messo in atto nessuna delle due misure.
    • le violazioni negli Stati Uniti costano il doppio: il costo medio di una violazione negli Stati Uniti è di 8,19 milioni di dollari, più del doppio della media mondiale.
    • le violazioni in ambito sanitario costano di più: per il nono anno consecutivo, le aziende sanitarie hanno subito il costo più alto di una violazione: circa 6,5 milioni di dollari in media (oltre il 60% in più rispetto ad altri ambiti presi in considerazione nello studio).

    Violazioni malevole e violazioni accidentali

    Dalla ricerca è emerso che le violazioni di dati derivanti da attacchi informatici malevoli sono non solo le più comuni, ma anche le più costose.

    Alle aziende coinvolte nello studio, una violazione malevola costa in media 4,45 milioni di dollari, cioè circa 1 milione in più rispetto a una violazione dovuta a cause accidentali, come anomalie nei sistemi o errori umani. Queste violazioni rappresentano una minaccia crescente: la percentuale di attacchi malevoli o criminali come causa principale di una violazione di dati è passata dal 42% al 51% nei sei anni presi in considerazione nello studio (con un aumento del 21%).

    Tuttavia, le violazioni accidentali dovute a errori umani o anomalie nei sistemi sono risultate essere la causa di quasi metà (49%) delle violazioni di dati, comportando un costo per le aziende rispettivamente di 3,50 e 3,24 milioni di dollari. Queste violazioni dovute a errori umani o meccanici rappresentano però un’occasione di miglioramento, che può essere implementato attraverso corsi di security awareness, investimenti in strumenti tecnologici e servizi volti a identificare in anticipo le violazioni accidentali. Una particolare area di interesse è l’errata configurazione dei server cloud che, secondo la IBM X-Force Threat Intelligence Index ha comportato un’esposizione di 990 milioni di dati nel 2018, rappresentando il 43% della totalità dei dati persi di tutto l’anno.

    La risposta alle violazioni rimane il miglior modo di risparmiare

    Lo studio condotto quest’anno ha rilevato che il ciclo di vita medio di una violazione è di 279 giorni. Le aziende ne impiegano 206 per identificare una violazione dopo che è avvenuta, e altri 73 sono necessari per contenere i danni. Tuttavia, le aziende coinvolte nello studio che sono state in grado di rilevare e contenere una violazione in meno di 200 giorni hanno speso 1,2 milioni in meno rispetto al costo totale medio di una violazione.

    Concentrarsi subito sulla risposta agli incidenti può quindi aiutare a ridurne i tempi e, inoltre, sempre secondo lo studio, queste misure hanno anche una correlazione diretta con i costi complessivi. Poter contare su un team e su piani di risposta agli incidenti sono due dei maggiori fattori di risparmio che emergono dallo studio. Le aziende che avevano messo in atto entrambe le misure hanno speso in media 1,23 milioni in meno rispetto alle aziende che non potevano contare su nessuna delle due (3,51 milioni contro 4,74 milioni).

     

     

     

     

    data breach Ibm IBM Security Violazione dei dati
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