Ci sono criticità su cui le aziende fanno fatica ancora a intervenire: i costi del cloud e la loro gestione. Se la promessa della nuvola era quella anche di ridurre i costi e renderli facilmente prevedibili, la realtà è che l’84% delle organizzazioni fatica a gestire i costi cloud. Non è un’ipotesi, ma il dato che emerge dal recente State of the Cloud Report 2025 di Flexera, uno degli studi più autorevoli del settore. E non è l’unico numero che dovrebbe far riflettere: il 27% della spesa cloud viene letteralmente sprecato in risorse inutilizzate o sovradimensionate. In parallelo, i budget pianificati vengono superati in media del 17%, trasformando frequentemente quella che doveva essere una voce di costo prevedibile in una fonte costante di sorprese negative.
Ma da dove nasce questa difficoltà? Il problema non risiede nella tecnologia cloud in sé, che funziona esattamente come promesso, bensì in un approccio ancora inadeguato alla governance dei dati nel cloud. Molte aziende hanno migrato l’infrastruttura senza ripensare i processi di gestione, continuando ad applicare logiche on-premise a un ambiente che richiede un paradigma completamente diverso.
E, al di là del fenomeno della Repatriation, nel 2026 la migrazione dei dati verso il cloud continuerà spinta dalla penetrazione sempre più ampia degli strumenti AI e machine learning e dalla loro costante evoluzione. Questa crescita aumenterà le sfide: dall’aumento delle risorse necessarie alla pressione sui costi, fino alla maggiore esposizione al rischio che eventuali difetti presenti nei dati si propaghino rapidamente lungo tutte le pipeline applicative.
Governance proattiva invece che reattiva
A differenza dell’infrastruttura on-premise, dove i costi sono sostanzialmente fissi e prevedibili (ammortamenti, licenze, contratti di manutenzione), il cloud introduce un modello pay-per-use che richiede un cambio di paradigma culturale e organizzativo che molte aziende sottovalutano.
L’approccio tradizionale alla gestione dei dati nel cloud è tuttora intrinsecamente reattivo: si caricano i dati, si eseguono le elaborazioni, e solo quando emergono problemi o quando arriva la fattura a fine mese ci si rende conto che qualcosa non funziona. È un modello che poteva avere senso negli ambienti on-premise, dove tutto era più prevedibile e controllato, ma nel cloud diventa insostenibile. Ed è proprio questa reattività la causa principale degli sforamenti di budget e degli sprechi.
Serve invece un approccio proattivo al Master Data Management, capace di anticipare i problemi invece di rincorrerli. Questo significa:
- Monitorare e analizzare i dati in tempo reale, identificando anomalie nel momento in cui si manifestano
- Anticipare il decadimento della qualità dei dati attraverso modelli predittivi che segnalano i rischi prima che diventino problemi
- Utilizzare tecniche di matching intelligenti per prevenire duplicazioni e disallineamenti alla fonte
- Automatizzare i processi di verifica e correzione, eliminando le attività manuali che sono sia costose che soggette a errori
L’obiettivo non è più soltanto correggere gli errori quando si presentano, ma costruire un ecosistema informativo che riduca drasticamente la probabilità che tali errori si verifichino. Dati accurati fin dall’origine significano meno elaborazioni inutili, meno storage sprecato, meno tempo perso in debugging e riconciliazioni. In altre parole: costi operativi significativamente più bassi.
Una sfida strategica, non solo tecnologica
Il tema di fondo è che la migrazione al cloud ha trasformato la gestione dei dati da problema tecnico a sfida strategica. Non basta più avere buoni sistemisti o sviluppatori capaci: serve capire non solo come funziona il cloud, ma come governarlo in modo efficace ed efficiente.
Le aziende che hanno successo nel cloud non sono quelle che hanno semplicemente spostato i server dall’on-premise alla nuvola, sono quelle che hanno ripensato completamente il modo in cui gestiscono i dati, adottando strumenti di monitoraggio predittivi, automatizzando i processi dove possibile, e costruendo una cultura aziendale che considera la qualità dei dati e l’ottimizzazione dei costi come priorità continue, non come interventi occasionali.
Di contro, le aziende che continuano ad affrontare il cloud con un approccio reattivo continueranno a subire sprechi, sforamenti di budget e inefficienze. Chi invece investe in una governance strutturata dei dati, in competenze metodologiche solide e in strumenti di monitoraggio predittivi può trasformare il cloud in quello che doveva essere fin dall’inizio: un’opportunità per maggiore efficienza, flessibilità e innovazione. E, non da ultimo, con costi sotto controllo.
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A cura di Mirko Gubian, Global Demand Senior Manager & Partner di Axiante


