Il perimetro aziendale non esiste più. In un mondo sempre più interconnesso, la vera linea di difesa di un’organizzazione non è più rappresentata dalle sue mura digitali, ma si estende all’intera, complessa rete di fornitori, partner e collaboratori che compongono la sua supply chain. Questo è il nuovo fronte della cybersecurity, e i dati lo confermano con una chiarezza allarmante.
Attacco alla supply chain: un rischio concreto e in forte crescita
Le statistiche più recenti dipingono un quadro inequivocabile. Secondo Gartner, entro il 2025 il 45% delle organizzazioni a livello globale avrà subito attacchi alla propria supply chain software, un aumento di tre volte rispetto al 2021. Il World Economic Forum rincara la dose, evidenziando come già nel 2023 il 41% degli attacchi informatici con impatti materiali abbia avuto origine da una terza parte.
Anche il contesto italiano è tutt’altro che rassicurante. Il recente Rapporto Clusit ha messo in luce una crescita costante degli attacchi alla filiera di fornitura, sottolineando come i criminali informatici prendano di mira sempre più spesso i fornitori di servizi, consapevoli che compromettere un singolo anello può aprire le porte a un’intera catena di aziende.
Nello specifico, sempre secondo il Rapporto Clusit 2025, circa un quarto degli attacchi globali rivolti ai settori dell’industria e della manifattura, tipici ambiti della supply chain, hanno colpito aziende italiane, mettendo in evidenza una forte vulnerabilità nella resilienza delle catene di produzione e distribuzione.
Il problema non è più se un attacco alla supply chain avverrà, ma quando. E la domanda che ogni CEO, imprenditore e IT Manager deve porsi è: quanto siamo pronti ad affrontarlo?
Dall’attacco diretto all’infiltrazione silenziosa
La strategia dei cybercriminali è cambiata. Invece di sferrare un attacco frontale, spesso più complesso e costoso, preferiscono una tattica più insidiosa: la “supply chain injection”. Identificano l’anello debole della catena — un fornitore, magari più piccolo e con meno risorse dedicate alla sicurezza — e lo usano come testa di ponte per infiltrarsi nell’obiettivo finale.
Questo tipo di attacco è particolarmente pericoloso perché è silenzioso. Può avvenire tramite un aggiornamento software apparentemente legittimo, credenziali rubate a un partner o la manomissione di un servizio cloud. Poiché l’origine della minaccia è un’entità “fidata”, spesso viene scoperta solo quando il danno — furto di dati, blocco delle operazioni tramite ransomware, spionaggio industriale — è già stato fatto.
Serve un cambio di paradigma: un approccio olistico per proteggere la supply chain
Di fronte a questa minaccia, limitarsi a proteggere il proprio perimetro è una strategia destinata a fallire. È necessario un cambio di paradigma che sposti l’attenzione dalla difesa della singola organizzazione alla messa in sicurezza dell’intero ecosistema e richiede un approccio olistico, basato su visibilità e controllo estesi a tutta la catena del valore.
La difesa efficace si fonda su tre pilastri fondamentali:
- Gestione del rischio di terze parti: Non basta più fidarsi. È essenziale mappare l’intera catena di fornitura, valutare la postura di sicurezza di ogni singolo partner e definire requisiti contrattuali stringenti. Direttive come la NIS2, inoltre, trasformano questa buona prassi in un obbligo normativo rendendo l’azienda responsabile anche della sicurezza dei suoi fornitori.
- Monitoraggio continuo e rilevamento delle anomalie: Un audit annuale non è sufficiente. La sicurezza della supply chain richiede un monitoraggio costante, 24/7, in grado di analizzare i flussi di dati e rilevare comportamenti anomali, anche se provenienti da partner fidati. Affidarsi a un Managed Security Service Provider (MSSP) dotato di un Security Operation Center (SOC) avanzato permette di avere una sorveglianza continua e di intervenire tempestivamente alla prima avvisaglia di un’intrusione.
- Limitazione degli accessi e piani di risposta: È cruciale adottare il principio del “minimo privilegio”, garantendo a partner e fornitori l’accesso solo alle risorse strettamente necessarie per le loro attività. Parallelamente, è fondamentale sviluppare e testare regolarmente un piano di incident response che preveda procedure chiare per gestire un’eventuale violazione originata dalla supply chain, minimizzando i tempi di inattività e i danni.
Trasformare un rischio in un vantaggio competitivo
Proteggere la supply chain non è solo una misura difensiva, ma un’opportunità strategica. In un mercato dove i grandi committenti richiedono standard di sicurezza sempre più elevati, dimostrare di avere un controllo robusto sulla propria filiera diventa un requisito essenziale per il business e un potente vantaggio competitivo.
La minaccia è reale e in continua evoluzione, ma con la giusta strategia e gli strumenti adeguati, è possibile trasformare un obbligo normativo e un rischio operativo in un elemento di forza e resilienza per la propria azienda. È il momento di agire, estendendo la visione della sicurezza oltre i propri confini.


