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    Investimenti in AI e ROI in aumento, ma persistono gap strutturali

    By Redazione LineaEDP11/11/20256 Mins Read
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    Le organizzazioni incrementano gli investimenti in AI ma infrastrutture tecnologiche e competenze definiranno la prossima fase di evoluzione

    investimenti-in-ai

    Kyndryl, fornitore di servizi tecnologici mission-critical per le imprese, ha pubblicato la seconda edizione del Kyndryl Readiness Report, coinvolgendo quest’anno 3.700 C-Level in 21 Paesi. I dati rivelano un momento di forte slancio ma anche di riflessione: le aziende iniziano a registrare ritorni sempre maggiori dagli investimenti in AI, ma devono affrontare la crescente pressione per modernizzare le infrastrutture, scalare i progetti di innovazione, riqualificare la forza lavoro e gestire i rischi in un contesto normativo sempre più frammentato.

    Investimenti in AI: principali evidenze del report

    L’edizione dello scorso anno evidenziava un divario importante tra percezione e preparazione: sebbene il 90% dei leader aziendali ritenesse la propria infrastruttura IT “best in class”, solo il 39% la considerava pronta ad affrontare le sfide future. Nonostante i progressi registrati, resta ancora questo punto di forte attenzione. L’edizione del 2025 evidenzia:

    • ROI in crescita, ma l’AI resta in una fase sperimentale. Il 54% delle organizzazioni dichiara di aver ottenuto ritorni positivi dagli investimenti in AI – in crescita di 12 punti rispetto al 2024 – tuttavia il 62% non è ancora riuscito a superare la fase pilota dei propri progetti.
    • La fiducia supera le capacità. Sebbene il 90% dei clienti intervistati affermi che i propri strumenti e processi consentono di testare e scalare rapidamente nuove idee, oltre la metà indica il proprio stack tecnologico come uno degli ostacoli all’innovazione.
    • L’AI trasforma la forza lavoro, ma lo “skill gap” rimane. L’87% del campione intervistato prevede che l’AI trasformerà “completamente” i ruoli all’interno dell’organizzazione nei prossimi 12 mesi, anche se molti riconoscono che i dipendenti oggi utilizzano raramente l’AI e pochi possiedono le competenze necessarie.
    • Le pressioni geopolitiche impongono una nuova strategia per i dati. Pur riconoscendo i vantaggi del cloud, le organizzazioni stanno rivalutando dove e come i dati vengono archiviati, elaborati e protetti in un contesto regolatorio sempre più frammentato. Le aziende devono inoltre bilanciare le sfide legate alle infrastrutture legacy: il 70% dei CEO dichiara che la propria configurazione cloud si è realizzata “più per caso che per progettazione”.

    Aumentano gli investimenti in AI e le aspettative di ROI con la cyber resilienza al centro

    I leader aziendali di tutti i settori e Paesi dichiarano che la spesa in ambito AI è cresciuta in media del 33% rispetto all’anno precedente, con il 68% che afferma di investire “in modo consistente” almeno in una forma di AI. Con l’aumento degli investimenti cresce anche la pressione per dimostrarne il valore – e per proteggerlo. Tre leader su cinque affermano di avvertire quest’anno una pressione maggiore nel generare ROI dall’AI rispetto al passato. Il principale ambito di applicazione? La cybersecurity.

    Il cloud sotto pressione tra instabilità geopolitica e nuove normative che spingono al cambiamento

    Molte organizzazioni stanno riesaminando la propria infrastruttura cloud a seguito delle nuove regolamentazioni globali e delle crescenti preoccupazioni per la sovranità dei dati. Tre leader su quattro esprimono preoccupazione per i rischi geopolitici legati alla conservazione e gestione dei dati in ambienti cloud globali, e il 65% ha modificato la propria strategia cloud di conseguenza – investendo nella data repatriation, rivalutando i fornitori e orientandosi verso modelli di private cloud.

    Competenze e cultura: la prossima frontiera per aziende più innovative

    Nel percorso di scalabilità dell’innovazione, la preparazione delle persone emerge come la principale barriera, ma al contempo come la maggiore opportunità. Nove leader su dieci ritengono che l’AI ridisegnerà radicalmente i ruoli professionali nell’arco di un anno, ma solo il 29% considera la propria forza lavoro sufficientemente pronta a sfruttare efficacemente la tecnologia e permangono preoccupazioni riguardo alle competenze necessarie per avere successo in questo mercato. Persistono inoltre barriere culturali: quasi la metà dei CEO (48%) afferma che la propria organizzazione tende a soffocare l’innovazione, mentre il 45% ritiene che i processi decisionali siano troppo lenti. Le aziende che stanno emergendo come “Pacesetter” non si limitano a investire in innovazione: pongono la cultura, la formazione e l’allineamento della leadership al centro delle loro priorità.

    Rispetto alle altre che sono rimaste indietro in questi settori, i Pacesetter sono:

    • 32 punti percentuali meno propensi a considerare lo stack tecnologico un ostacolo;
    • 30 punti più propensi ad affermare che il proprio cloud è in grado di adattarsi a nuove normative;
    • 20 punti meno propensi a segnalare interruzioni legate a incidenti cyber nell’ultimo anno.

    Il caso italiano 

    In Italia, il quadro riflette un equilibrio tra entusiasmo e cautela, concretezza e nuove sfide. Secondo il Kyndryl Readiness Report 2025, il 77% dei leader italiani afferma di sentire una pressione crescente nel dimostrare ritorni concreti dagli investimenti in AI, una percentuale nettamente superiore alla media globale (61%). Nonostante questo, l’investimento in AI è comunque aumentato del 37% (contro il 33% globale), a conferma di un impegno crescente verso l’innovazione. Solo il 27%, però, considera la propria organizzazione completamente pronta ad affrontare rischi futuri. Tuttavia, l’Italia si distingue per un approccio pragmatico: se da una parte il 62% ritiene che le infrastrutture IT non siano ancora adeguate e il 51% ammette che l’innovazione è spesso rallentata proprio da tecnologie legacy, il 47% sta già investendo nel rinnovamento delle infrastrutture, con un’attenzione crescente alla sicurezza informatica.

    Anche sul fronte cloud, le imprese italiane mostrano una maggiore attenzione alla governance dei dati e alla resilienza delle infrastrutture. Otto imprese su 10 (79%) esprimono preoccupazioni per i rischi geopolitici legati alla gestione dei dati nei cloud globali, e sette su 10 (69%) hanno già rivisto la propria strategia cloud in risposta a questi fattori, puntando su modelli più resilienti e localizzati. Questi risultati rispecchiano un trend globale che vede le organizzazioni impegnate a bilanciare agilità operativa e sovranità del dato, adottando modelli di cloud ibrido e strategie di data repatriation.

    Il capitale umano resta un fattore decisivo per il successo dell’intelligenza artificiale. In Italia, il 43% dei leader segnala la mancanza di competenze tecnologiche come principale ostacolo per sfruttare appieno le opportunità offerte dall’AI, e il 40% indica la necessità di rafforzare i programmi di formazione e reskilling. La cultura aziendale e la rapidità decisionale si confermano leve strategiche per favorire l’allineamento tra leadership, tecnologia e persone.

    Dichiarazioni

    “Esiste un divario tra ambizione e preparazione, con le imprese che cercano di trovare il valore trasformativo dell’AI”, ha dichiarato Martin Schroeter, Chairman e CEO di Kyndryl. “Il 90% delle organizzazioni ritiene di disporre degli strumenti e dei processi necessari per scalare l’innovazione, ma oltre la metà è frenata dal proprio stack tecnologico. Meno di un terzo ritiene che i dipendenti siano realmente pronti ad investimenti in AI. Colmare questo divario rappresenta al tempo stesso la principale sfida e la maggiore opportunità per il futuro”.

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