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    Sei qui:Home»Featured»Vibe coding: democratizzazione del DevOps o rischio di nuove minacce?

    Vibe coding: democratizzazione del DevOps o rischio di nuove minacce?

    By Redazione LineaEDP03/09/20255 Mins Read
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    Così come il vibe coding può essere utilizzato per scopi innovativi, può anche diventare un veicolo per nuove minacce informatiche, aprendo nuovi rischi per la sicurezza

    zscaler-logo-Vibe Coding

    L’intelligenza artificiale, come qualsiasi tecnologia, non è intrinsecamente buona o cattiva: tutto dipende da chi la utilizza e per quale scopo. Ciò che è certo però, è che l’IA si sta evolvendo più velocemente della sua controparte più prudente, cioé la regolamentazione, dal momento che i legislatori faticano a stare al passo. A complicare la situazione, l’IA sta innovando anche al proprio interno, generando un’accelerazione senza precedenti nello sviluppo tecnologico. Questo scenario sta aprendo la strada a una nuova serie di sfide per la sicurezza, l’ultima delle quali è rappresentata dal vibe coding. Come per qualsiasi ciclo di innovazione in ambito IA, è fondamentale capire di cosa si tratta e quali sono le implicazioni per la sicurezza.

    Cos’è il vibe coding

    Fondamentalmente, il vibe coding è un approccio moderno allo sviluppo del software. Questo cambiamento si comprende meglio osservando l’evoluzione del ruolo dello sviluppatore. In precedenza, uno sviluppatore avrebbe avuto il compito di scrivere manualmente ogni riga di codice, per poi procedere con le classiche fasi di ispezione, test, correzione e rilascio. Ora, con l’introduzione del vibe coding, uno sviluppatore di software – e anche una persona comune – è in grado di saltare il primo passaggio, affidando all’intelligenza artificiale la scrittura del codice, limitandosi a guidarla, per poi testarlo e perfezionarlo.

    Sulla carta, i benefici sono evidenti. Gli sviluppatori possono lavorare in modo più efficiente, l’accesso alla programmazione viene democratizzato, aprendolo anche agli sviluppatori alle prime armi e la creatività e la sperimentazione sono stimolate, con la creazione di nuove applicazioni rivolte ai consumatori, intuitive e facili da usare. Anche il CEO di Google, Sundar Pichai, si è lasciato coinvolgere, affermando che “è una sensazione meravigliosa fare il programmatore”, dopo essersi lasciato sfuggire che stava provando a creare una applicazione web.

    Come accade per ogni innovazione guidata dall’IA – e vista la crescente accessibilità degli strumenti – il fenomeno prende piede nel settore, cambia le abitudini e porta alla nascita di nuove aziende e strumenti. Solo poche settimane fa, la società di vibe coding Lovable era in trattative per una valutazione da 1,5 miliardi di dollari. È evidente che non si può fermare questa corrente: bisogna imparare a gestirla, creare barriere adeguate e gestire correttamente i rischi. Ma quali sono questi rischi?

    I rischi per la sicurezza

    Così come il vibe coding può essere utilizzato per scopi innovativi, può anche diventare un veicolo per nuove minacce informatiche. Per affrontare in modo efficace lo scenario, le aziende hanno bisogno di un codice sicuro, conforme e gestibile. La verità è che un codice dannoso non deve essere sofisticato né particolarmente duraturo per creare danni.

    Nell’odierno panorama delle minacce guidate dall’IA, i criminali possono persino utilizzare comandi vocali per generare codice dannoso volto a sfruttare le vulnerabilità. Se portiamo questa riflessione un passo oltre, il quadro si complica ulteriormente con l’introduzione degli agenti IA, che aggiungono un’altra dimensione pericolosa. Sebbene l’IA generativa possa già produrre codice come parte del vibe coding, è comunque necessario che l’esecuzione del codice avvenga in ambienti isolati, almeno finché un agente IA non se ne assumerà la responsabilità.

    Il vibe coding può inoltre causare problemi all’interno dei team stessi della sicurezza. Spesso è un’attività individuale, che compromette la natura collaborativa e agile delle pratiche DevOps. Senza una programmazione strutturata e una consapevolezza della sicurezza, il vibe coding può introdurre rischi nascosti.

    Strategie difensive

    Il vibe coding rappresenta un salto in termini di astrazione, consentendo ai programmatori di generare codice con il linguaggio naturale. Se da un lato abbassa la barriera d’ingresso e democratizza l’accesso alla programmazione, dall’altro aumenta il rischio di un uso improprio da parte di utenti non qualificati. Le aziende devono adottare una visione di lungo periodo. Il vibe coding è solo l’ultima evoluzione degli attacchi guidati dall’IA, e per quanto sia facile concentrarsi sulla tecnologia del momento, le aziende devono prepararsi a difendersi da questo fenomeno e da ciò che verrà dopo.

    La prima e più importante strategia difensiva consiste nell’adozione di un’architettura Zero Trust. Questo processo di sicurezza presuppone che nessuna entità (utente, dispositivo o applicazione) debba essere considerata attendibile a priori, anche se si trova all’interno della rete aziendale. Il vecchio adagio “se riesci a raggiungerlo, puoi violarlo” non è mai stato così attuale. Per questo motivo, ridurre o eliminare la superficie d’attacco è uno dei modi più efficaci per rafforzare il proprio livello di sicurezza.

    In secondo luogo, le tecnologie basate su piattaforma offrono un valore elevato. I fornitori di piattaforme, infatti, raccolgono e analizzano enormi quantità di dati grazie al supporto di milioni di clienti, e le informazioni che ne derivano sono estremamente preziose. È un po’ come il concetto di immunità di gregge; se una vulnerabilità viene individuata e risolta in un’organizzazione, la soluzione può essere rapidamente estesa a molte altre. In sostanza, adottando una piattaforma condivisa, le aziende beneficiano dell’esperienza collettiva e della protezione derivante dall’intero ecosistema. Infine, è fondamentale che le aziende adottino un approccio proattivo alla sicurezza, passando da una logica difensiva a una di tipo offensivo, quella che comunemente viene chiamata “threat hunting”, ovvero caccia alle minacce. Mitigando i rischi prima che si aggravino, le aziende possono rafforzare il loro livello di sicurezza complessivo.

    Uno sguardo al futuro

    In definitiva, per ragioni come l’efficienza dei costi, l’intelligenza artificiale continuerà a cambiare il modo in cui lavoriamo e quindi a influenzare come ci proteggiamo dalle minacce in evoluzione. In futuro, il vibe coding potrebbe coinvolgere più agenti di intelligenza artificiale che gestiscono diversi aspetti del processo, con un agente per ambiti come la creatività, la sicurezza e la struttura.

    Quando ben implementata, la sicurezza può stimolare crescita e guadagni, favorendo l’espansione sul mercato, l’agilità operativa e l’adozione di best practice aziendali. Al contrario, se trascurata, rende le aziende vulnerabili ai rischi legati alle più recenti innovazioni e tendenze dell’IA. Adottando una visione di lungo termine del panorama delle minacce, implementando un modello Zero Trust e adottando un approccio proattivo alla loro sicurezza, le aziende possono proteggersi meglio e crescere con successo.

    A cura di Martyn Ditchburn, CTO in residence Zscaler

    Vibe coding Zscaler
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