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    Smart working: una PA più digitale grazie al Covid19

    By Redazione LineaEDP03/11/20206 Mins Read
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    Nella ricerca “La PA oltre il Covid” presentata in apertura di FORUM PA 2020 Restart Italia l’opinione di utenti e dipendenti pubblici

    digital transformation

    Dalla crisi Covid19, l’Italia uscirà con una Pubblica Amministrazione più digitale, efficiente e moderna, con maggiori servizi pubblici online e più innovazione anche grazie alla diffusione dello smart working.

    Lo dicono i risultati della ricerca “La PA oltre il Covid” realizzata da FPA, società del gruppo Digital360, presentata in apertura del recente “FORUM PA 2020 Restart Italia”, evento digitale di confronto sul tema della ripartenza del Paese dopo l’emergenza.

    La ricerca è stata realizzata attraverso un’indagine demoscopica condotta in collaborazione con l’Istituto Piepoli su un campione di 1000 persone rappresentativo della popolazione italiana e una seconda indagine su oltre 2000 persone che compongono il PanelPA della community di FPA, per mettere a confronto le opinioni di utenti e dipendenti pubblici sul ruolo della Pubblica Amministrazione nell’emergenza e nella ripresa.

    I risultati più eclatanti

    A credere in questo cambiamento sono i dipendenti pubblici, ma anche i cittadini, che nel 57% dei casi evidenziano già oggi un miglioramento nella PA digitale e nel 53% vedono nel lavoro agile un’opportunità per innovare l’amministrazione.

    Anche chi lavora nella PA promuove lo smart working, ma crede serva ancora un salto di qualità per un maggiore orientamento al risultato e una migliore comunicazione interna. L’amministrazione pubblica deve prepararsi a gestire la grande mole di risorse che arriveranno dal Recovery Fund: è opinione condivisa – dal 50% degli utenti e dal 60% dei dipendenti pubblici – che la gestione dei fondi europei dovrà essere centralizzata con una cabina di regia, ma che servono anche nuovi profili professionali qualificati per gestire al meglio i progetti. E per gli italiani le risorse europee devono andare prioritariamente alla salute e poi istruzione-formazione.

    Foto di Stefano Corso

    Come sottolineato in una nota ufficiale da Gianni Dominici, direttore generale di FPA: «Nonostante le polemiche alimentate da chi mette in evidenza solo i ritardi, c’è un Paese che sta reagendo e vede gran parte dei dipendenti pubblici in prima fila per la ripartenza. Nell’emergenza, le pubbliche amministrazioni hanno dovuto reagire velocemente per garantire continuità dei servizi e rispondere alle necessità della pandemia, che ha però rappresentato anche un elemento di accelerazione della trasformazione tecnologica e organizzativa. Ora la PA è chiamata a diventare uno dei pilastri della ripartenza, anche grazie all’uso di ingenti risorse messe a disposizione dall’Europa con gli strumenti di finanziamento del Recovery Fund».

    Per Andrea Rangone, Presidente di Digital360: «Durante l’emergenza è emersa ancor più chiaramente a tutti l’importanza del digitale per garantire i servizi pubblici ai cittadini, ma la digitalizzazione della PA rappresenta molto di più: un elemento di efficienza per il settore e di rilancio dell’intero Paese. La ricerca evidenzia una nuova importante crescita di consapevolezza tra gli italiani, che chiedono una PA più digitale, e tra gli stessi dipendenti pubblici, che sostengono l’innovazione dell’amministrazione. Un segnale positivo, perché la trasformazione digitale della PA, insieme a quelle delle imprese, è cruciale per la ripartenza».

    L’opinione dei cittadini

    Dall’indagine demoscopica, la maggioranza degli italiani – il 57% degli intervistati – evidenzia come fatto positivo una PA diventata “più digitale” nel periodo dell’emergenza Covid19, con la possibilità di accedere ai servizi in maniera più facile e veloce, mentre il 21% lo evidenzia come fatto negativo (non ha competenze o strumenti per usare questi servizi), il 6% ininfluente; solo il 9% non vede una PA più digitale.

    Secondo la maggioranza degli italiani, il 53%, lo smart working è un’opportunità per un’amministrazione più efficiente e moderna, quota ben superiore al 29% che lo considera un rischio per l’assenteismo e comportamenti opportunistici (il 13% lo ritiene ininfluente).

    Tra le istituzioni pubbliche impegnate nella gestione dell’emergenza gli italiani mettono al primo posto le strutture sanitarie (ne è soddisfatto il 67%), poi i Comuni (60%), le Regioni (60%) e più in basso le istituzioni nazionali (56%).

    Riguardo agli aiuti europei, quasi 8 italiani su 10 (77%) conoscono o quantomeno hanno sentito nominare “Recovery Fund” e “Next Generation EU”. Nella gestione della ripartenza, la priorità su cui utilizzare i fondi è innanzitutto la salute (per il 53%) e poi l’istruzione-formazione (15%). Per la maggioranza (il 50%), a gestire i fondi che arriveranno dall’Europa deve essere il Governo attraverso una Cabina di Regia centrale; solo il 27% preferirebbe Regioni e il 13% le amministrazioni locali.

    Perché la PA possa gestire in modo efficiente le risorse europee, secondo i cittadini servono soprattutto nuove assunzioni e profili professionali, per il 35%, e formazione del personale interno, per il 30%, poi anche una radicale semplificazione normativa e una maggiore partnership pubblico-privato. Non a caso, secondo gli intervistati i profili di cui ha più bisogno in questo momento la PA sono quelli di esperti di gestione dei fondi europei (40%), di gestione dei progetti (29%) e di trasformazione digitale (28%).

    L’opinione dei dipendenti pubblici

    Dall’indagine sul PanelPA emergono diverse convergenze con le opinioni dei cittadini. Anche per i dipendenti pubblici la gestione degli strumenti di finanziamento del Recovery fund dovrà essere preferibilmente centralizzata dal Governo, con una cabina di regia a Palazzo Chigi (per il 60,2%), mentre una minoranza preferirebbe affidarla alle Regioni (23,1%) o a livello locale (16,7%).

    Secondo i lavoratori della PA, le azioni più urgenti per rendere l’amministrazione adeguata a gestire questa ingente mole di risorse sono nuove assunzioni (per il 36,1% degli intervistati) e una radicale semplificazione normativa (31,9%), poi formazione del personale interno (18,3%).

    Lo smart working è stato un fatto positivo, ma i dipendenti pubblici non vedono ancora un nuovo orientamento ai risultati: per il 42,8% la pratica della valutazione non è cambiata, per il 44,6% non ci sono ancora cambiamenti in questo senso ma segnali di miglioramento, solo il 12,6% vede un reale cambiamento.

    Con il lavoro a distanza si avverte maggiormente la necessità di una condivisione costante ed efficace di obiettivi e strategie, ma per la maggioranza non è migliorata la comunicazione interna ma ci sono segnali di cambiamento (40,6%) o non c’è miglioramento ed appare insufficiente (il 36,1%). Se a giugno 2020, oltre il 60% dei rispondenti esprimeva fiducia che lo smart working avrebbe portato un cambiamento positivo nella PA, ora, a qualche mese di distanza, la fiducia resta alta: il 55,1% dei lavoratori è ottimista che questo possa avvenire, ma pensa ci vorrà più tempo.

    Il decreto semplificazioni prevede importanti novità per una PA più semplice e veloce. Secondo i dipendenti pubblici le maggiori opportunità di cambiamento vengono dalla standardizzazione della modulistica per istanze, dichiarazioni e segnalazioni (per la quasi totalità, pari al 94,8% degli intervistati), la valorizzazione e interoperabilità dati pubblici (90.8%), il rafforzamento degli strumenti di cittadinanza digitale (86,9%), la semplificazione del procedimento amministrativo (84,8%).

    COVID-19 Covid19 La PA oltre il Covid Pa pubblica amministrazione Smart working
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